Non sarebbe meraviglioso regalarsi un tramonto vista mare tutte le sere?
Potrei stare a rimirare ogni giorno, al crepuscolo, il rito perpetuo del sole che si arrende al richiamo del mare e il suo lento sciogliersi tra le brume vittoriose….
E nel silenzio della semioscurità, rotto dalla danza sensuale delle onde infuocate, mi lascerei accarezzare dalla spuma porpora..
Una rassicurante carezza e la promessa sussurrata che un nuovo giorno magico spunterà.
Batuffoli bianchi irriverenti giocano con la lieve brezza che sa di bucato appena steso e odori di fornelli operosi, nonostante il pomeriggio già avanzato. Fluttuano nell’aria leggeri, oziando tra il blu, senza domandarsi dove andranno.
Passerotti che allenano l’ugola dal primo mattino, concentrati in chissà quale gara canora.
E così i pensieri passano e vanno, inebetiti dall’ estasi dei sensi.
Tu lo sai mamma che le nuvole mi son sempre piaciute. Ci vediamo ciò che sentiamo…
Ci son nuvole di zucchero filato, soffici e rosate come i pensieri felici che ci fanno sorridere e quelle grigie e minacciose, mostriciattoli dispettosi che martellano le tempie con rovelli dolorosi.
Stasera, nel cielo c’erano entrambe e le ho fermate in un’immagine.
Ogni sera prima di addormentarmi, silenziosamente, ti racconto aneddoti, spezzoni di quotidianità e mi immagino che tu stia lì ad ascoltarmi, a consigliarmi, a sgridarmi e magari ad abbracciarmi.
Sai che quando parlo di te inevitabilmente sbaglio a coniugare i verbi? Proprio così… Uso sempre il presente… “Mamma cucina questo così, fa quell’altro così”…
Eppure fra poco, una manciata di minuti, sarà un anno senza di te, senza il tuo sorriso, le tue telefonate, la tua energia. Mi manca il nostro fare shopping insieme… Sulla strada del ritorno mi ripetevi, puntualmente tutte le volte, sorridendo: “Non devo più uscire con te, guarda quante cose mi hai fatto comprare”.
Manchi a tutti mamma, da un attimo, da un’eternità.
Non mi piacciono le notti troppo buie, ma quelle piene di stelle che accompagnano i sogni.
Non dormo con le tapparelle tutte abbassate: mi piace la luce che filtra, fosse pure quella giallognola dei lampioni che languiscono nel silenzio della notte.
Voglio scrivere storie guardando il cielo blu su una finestra spalancata, dove il vento entra prepotentemente e i raggi del sole fanno ballare il pulviscolo.
Voglio pensieri lieti che danzando allontanino le ombre.
Imbruniva. Alice sedeva su uno scoglio, braccia intorno alle ginocchia e sguardo lontano dove il mare solletica il cielo.
Beveva le luci del crepuscolo, cullata dal ritmo regolare delle onde che s’infrangevano a riva, ebbra del sapore salmastro tutt’intorno.
Una vocina dispettosa e irriverente la scosse: “ Lo sai che tutto questo non basta.. non può riempirti l’anima… Cosa ti rattrista?” “Il senso del verbo rimanere… non si può declinare all’infinito” bisbigliò “nessuno rimane per sempre”
Tra le mani il libro di Ugo Ricciarelli che sfoglio convulsamente cercando tra le righe una risposta alla mia domanda.
Qual’è il dolore perfetto?
È quello che ti blocca lo stomaco e il cuore e ti impedisce di respirare, ti pietrifica così tanto da non riuscire a piangere ?
Quello che ti sbriciola in mille pezzi al solo pensiero di perdere una persona che ami tanto tanto da sentire già la sua mancanza?
È il moto perpetuo della vita che nella sua corsa ti dà e ti toglie… Io ho sempre odiato le sottrazioni perché sono mancanze che bruciano sotto la pelle.
E poi arriva la sera, audace nel suo abito rosso, a spegnere le parole accese, a ricucire gli strappi del giorno, a sfumare la frenesia del quotidiano vivere.
Felici pensieri